Jacopo Angiolini
Perchè Il Coaching è la chiave del Miglioramento
Tutto quello che si dovrebbe, Davvero, sapere su questa Tecnica di Aiuto ed Auto Aiuto.
Cosa è il Coaching: il Coaching per se stessi. il Coaching per il Lavoro. Il Coaching per le persone della nostra VITA!

Intanto sarebbe bene ricordarsi di chi del Coaching si è "reso conto": ovvero Timothy Gallwey. Uno che in realtà di mestiere faceva il professore di Harvard (così, per gradire), ma che per tenersi in forma faceva anche il giocatore professionista, ed il Coach, di Tennis. Fu facendo questo lavoraccio che ebbe l'intuizione che lo rese famoso e sulla quale ancor'oggi lavora.
L'intuizione del Coaching
“L'avversario che si nasconde nella nostra mente è molto più forte di quello che troviamo dall'altra parte della rete” Timothy Gallwey
Il Coaching nasce...
Dov'è che eravamo rimasti? Ah si: al fatto che il Coaching se lo inventa di sana pianta il professor Gallwey. Beh non è che proprio se lo "Inventa" diciamo che si rende conto che esiste: lo rileva, se preferite! Guarda i ragazzi che Allena e si rende conto che ad un certo momento hanno tutti a disposizione le stesse skill; sono tutti allo stesso livello, conoscono gli stessi colpi, applicano le stesse mosse. Alcuni vincono spesso ed altri perdono; troppo spesso. Fatta questa considerazione smette di guardare il "livello tecnico"; e come per magia ha un'illuminazione: quello che cambia per davvero è l'atteggiamento mentale. Più ancora cambia il modo di parlare a se stessi.
... lo si descrive...
“The Inner Game of Tennis”
Osserva, intuisci, prendi appunti e trai conclusioni. Nel 1974, dopo aver ben strutturato il pensiero e modellato i comportamenti ed i risultati suoi e dei suoi ragazzi, scrive e da alle stampe il suo primo libro sull'argomento: "the Inner Game of Tennis". Ne seguiranno altri (si trovano in rete ampiamente tradotti) ma "il gioco interiore" resta il testo fondamentale per chi si avvicina al Coaching ! “L'avversario che si nasconde nella nostra mente è molto più forte di quello che troviamo dall'altra parte della rete” questa è la frase centrale del libro. Chiariamoci: è la frase centrale del Coaching.
....e lo si comincia ad interpretare!

Ed a codificare!qualche anno dopo l'uscita il libro finisce nelle mani di quello che sarà ricordato come l'altro padre del Coaching, sopratutto il padre del metodo: Sir John Whitmore. Il "soggettone" in questione ci ha lasciati nel 2017 ma negli ottant'anni di permanenza su questa terra ha avuto modo di divertirsi e far divertire gli altri. Baronetto di sua Maestà la regina per diritto di nascita si è poi dilettato come pilota automobilistico (negli anni 60, in piena festa) e poi come consulente aziendale. E' nei panni del consulente che si rende conto che le teorie di Gallwey calzano a pennello anche per il mondo degli affari. E' cucendo il concetto di performance addosso al mondo degli affari che confeziona il business Coaching. Comunque il pregio fondamentale di questo eclettico nobile inglese (rigidamente educato tra Eton e L'accademia militare di Sandhurst ma flessibile e pragmatico come uno yankee) è quello di aver codificato il Metodo del Coaching. "Coaching Performance" del 1992 (in Italia "Coaching") è il best seller con il quale delinea le tecniche e gli ambiti di quella che già in quel momento stava avviandosi a diventare una professione.
Il Gioco Interiore per ognuno di noi
Per quanto riguarda me, voi, tutti noi: “L'avversario che si nasconde nella nostra mente è molto più forte di quello che troviamo dall'altra parte della rete” è la frase centrale di chi riesce a cambiare la propria esistenza in chiave positiva. Il nemico che devi combattere per davvero non sta davanti a te, spesso, tanto spesso, molto più spesso di quanto non ci si aspetti, è dentro di te. E' dentro di noi: sono le nostre paure, il nostro non ritenersi "in grado di", "all'altezza di", "buono per", "troppo" o "troppo poco".Ci sono milioni di frasi SBAGLIATE che non dovremmo dire a noi stessi e che: la società, la famiglia, la scuola e chi più ne ha più ne metta, ci han suggerito "per buona educazione e perché si fa così". Frasi che abbiamo imparato anche troppo bene e che NOI, non "gli altri" ma NOI, diciamo a noi stessi continuamente. Bloccare questo gioco interiore è fondamentale se vogliamo riuscire a inquadrare, strutturare e raggiungere i nostri obbiettivi. Ecco: in una frase tre verbi fondamentali dell'attività di Coaching.
Definire
Ok, Definire non lo avevo scritto! Ma è uno dei passaggi fondamentali. Esattamente con gli altri tre. Spesso le persone partono da troppo avanti nel definire i programmi; senza rendersi conto che i passaggi sono IMPORTANTI.Un obbiettivo, un traguardo va definito. Prima. Sembra scontato ma non lo è! In Latino definire significa limitare, per la precisione limitare tramite confini. Latini, in fondo in fondo, un po' lo siamo ma i confini al giorno d'oggi non sono proprio ritenuti il massimo della vita; e qui sta l'inghippo. Due cose sono vere: 1) che entro il confine c'è libertà, estrema. 2) che il punto 1 è vero se e solo se mi levo il paraocchi e capisco che se è vero che il confine mi ferma là dove sta. allora è vero che in tutte le altre direzioni posso andare. Di conseguenza il mio confine può diventare un riferimento; un punto fermo a cui posso appoggiarmi per gestire il Mio gioco interiore e costruire tutto quello che voglio: me stesso.

Inquadrare
Prendo il termine nel suo taglio cinematografico: una volta che gli abbiamo dato un nome ed uno spazio dobbiamo metterlo in primo piano, vederlo. Per "vederlo" intendo proprio che te lo devi immaginare, dargli una forma, colori, suoni. Uno degli strumenti del Coaching è esattamente quell'esercizio che in programmazione neurolinguistica si chiama la visualizzazione. Il lavoro del Coach con il Coachee è anche e sopratutto immaginare e re-immaginare la vita e le situazioni che il coachee vuole cambiare o realizzare attraverso le sessioni di Coaching. Per questo una parte del tempo, anche sostanziosa se necessario, è dedicata a costruire con precisione l'immagine ed i desideri del coachee. Chiaramente non si tratta di sogni, ma di un lavoro mentale, un gioco interiore per l'appunto, volto a mettere a fuoco l'obbiettivo ed i suoi contenuti per poter passare alla fase successiva.
Strutturare
E qui l'asino vacilla, e potrebbe anche cascare! il momento della strutturazione di un obbiettivo di Coaching è quello in cui lo si rafforza, certo, ma per farlo lo si scompone, scandaglia, analizza nei particolari. E' il momento in cui l'avversario dentro di te ha più forza, in cui il gioco interiore deve essere più chiaro e delineato. Quindi è anche il momento in cui, se stiamo lavorando con attenzione, si capisce pienamente la portata del nostro obbiettivo. Capire la portata di un obbiettivo di Coaching significa anche comprendere e vedere le conseguenze comportate dalla realizzazione dell'obbiettivo stesso. Quando poco sopra ho parlato di "asino che vacilla" e che può anche "cadere" intendevo parlare esattamente di questo. Andare a vedere, con vera attenzione, su chi e su cosa andremo ad impattare durante e dopo la realizzazione dei nostri obbiettivi può anche portare a rinunciare al nostro obbiettivo. E non necessariamente è un male. Il lavoro di Coaching, quando è fatto bene e con coscienza da parte del Coach, tende a un reale miglioramento della vita del coachee e quindi gli obbiettivi che il coachee si pone devono essere di qualità. Per "di qualità" si intende che siano coerenti con tutti gli aspetti della vita del coachee, in linea con i suoi valori. Quindi obbiettivi che portino, una volta realizzati, un segno "più" nella vita della persona. Normalmente è molto più usuale che nella fase di strutturazione dell'obbiettivo si limino le asperità del nostro progetto (perché a questo punto è un progetto vero e proprio, non più un'idea vaga nella testa) e lo si porti a compimento nella fase successiva.

Raggiungere
Dulcis in fundo? Si, ma anche no! certo se le parti precedenti sono state preparate a puntino, sulla carta, dovrebbe essere tutto più facile.
Sulla carta. In realtà chiunque abbia affrontato un vero progetto di realizzazione in un qualunque ambito sa che le cose stanno in diversa maniera.
Definizione, Inquadramento e Strutturazione dell'obbiettivo dentro di noi (e possibilmente anche scrivendo il tutto su carta, a mano!) sono le fasi necessarie per il raggiungimento dell'obbiettivo. Anche perché salta all'occhio che quello che viene fuori come risultato dall'applicazione di queste fasi è una precisa Strategia.
Purtroppo (o per fortuna: potrebbe essere una fantastica sfida!!) tra l'avere un ottimo piano splendidamente strutturato e realizzarlo si mettono in mezzo tutti quanti gli intoppi ed gli imprevisti della concretezza della realtà.
E' qui che l'equilibrio del gioco interiore, che puoi raggiungere attraverso un buon percorso di Coaching, diventa fondamentale.
la differenza tra un buon percorso di Coaching ed un pessimo percorso di Coaching sta anche lì: nella costruzione della capacità di mantenere attive e funzionanti le credenze positive che abbiamo acquisito durante il nostro percorso.
In conclusione
Posto che al netto di ostacoli oggettivamente insormontabili siamo davvero solo noi i padroni delle nostre scelte ci sono ancora un paio di considerazioni importanti che dobbiamo fare.
1) La chiave del miglioramento E' inequivocabilmente quello che accade dentro noi stessi.
2) Il Coaching, quello fatto bene, non può sostituirsi al nostro carattere, alle nostre possibilità ma può e DEVE esaltare all'ennesima potenza le nostre capacità. Può e Deve guidarci sulla strada che porta a imparare a Gestire quello che succede dentro noi stessi. Gestire quel che ci succede in maniera che dia sempre benzina ai nostri obbiettivi. Gestire gli accadimenti della nostra vita facendo in modo che da ogni problema si impari a tirare fuori una nuova soluzione ed anche uno strumento in più per il futuro.
Ecco perché, alla fine dei giochi e delle parole, il Coaching è davvero la chiave del nostro miglioramento.